L’intelligenza artificiale è, ormai, una presenza nell’ambito dello sviluppo software: la utilizziamo per generare codice, ottimizzare query, scrivere test automatici o documentare funzioni complesse. Tuttavia, la qualità del risultato dipende da un fattore che spesso viene sottovalutato: la qualità del prompt.
Il prompting, cioè l’arte di scrivere istruzioni efficaci per i modelli linguistici, è diventato una competenza tecnica a tutti gli effetti. Capire come comunicare con l’AI non significa solo ottenere risposte più pertinenti, ma anche lavorare in modo più rapido, coerente e sicuro.
Cos’è il prompting
Con “prompt” si intende ogni input testuale inviato a un modello di intelligenza artificiale per ottenere un output. Nel caso di strumenti come ChatGPT, Claude o Gemini, un prompt può andare da una semplice richiesta (es. “scrivi una funzione in Python che ordini una lista”) a istruzioni molto complesse che definiscono il contesto, il ruolo dell’AI, il linguaggio, le convenzioni di stile e i vincoli di formato.
Secondo la guida di Google Cloud, il prompting può essere considerato una forma di “programmazione conversazionale”, in cui si fornisce all’AI un insieme di parametri semantici invece che righe di codice formale. In altre parole, il prompt è una specie di “brief tecnico” che consente al modello di interpretare le intenzioni dell’utente in modo preciso.
Per chi lavora nello sviluppo software, ciò significa poter utilizzare l’AI come un assistente di progetto capace di scrivere, controllare e rifattorizzare codice, a patto che le istruzioni siano chiare e ben strutturate.
Scrivere un prompt efficace: partire dal contesto
Il primo elemento che determina l’efficacia di un prompt è il contesto: un modello generativo non ha memoria della tua organizzazione o del tuo stack tecnologico e, se non lo spieghi, inventerà dettagli o farà assunzioni arbitrarie. Ecco perché è fondamentale specificare il linguaggio di programmazione, l’ambiente, le librerie e, quando serve, anche il livello di astrazione desiderato.
Un prompt come “Scrivi una funzione per calcolare la media di una lista” può produrre un buon risultato, ma è molto più utile dire “Scrivi una funzione in Python 3.10 per calcolare la media di una lista di numeri float, rispettando lo stile PEP8 e includendo un docstring”. In questo modo, il modello sa esattamente in che contesto deve operare.
OpenAI, in diversi studi tecnici, ha confermato che i prompt più efficaci sono quelli che forniscono informazioni precise su ambiente, vincoli e obiettivo finale del compito.
Strutturare le istruzioni come se fossero requisiti
Quando si lavora con un’AI, conviene pensare al prompt come a una specifica tecnica. Un prompt vago genera ambiguità, mentre un prompt scritto come un requisito funzionale riduce la probabilità di errore.
Per esempio, se si chiede all’AI di scrivere un’API REST per la gestione di utenti, potrebbe restituire risposte varie e imprecise. Se invece si specifica che l’applicazione è scritta in Node.js, che deve usare Express, che i dati sono salvati in MongoDB e che le operazioni CRUD devono rispettare un formato JSON preciso, il risultato sarà molto più coerente.
Questo approccio, specifico ma modulare, è anche il più adatto per integrare i modelli generativi nei flussi di sviluppo reale, ad esempio in strumenti di assistenza al codice come GitHub Copilot o Replit Ghostwriter, che utilizzano tecniche di prompting predefinito per interpretare il contesto del file e del repository.
Prompt iterativo: migliorare il risultato passo dopo passo
Un errore comune è aspettarsi che il modello fornisca subito la risposta perfetta. In realtà, il prompting funziona meglio come un dialogo iterativo.
Dopo il primo output, occorre perfezionare il prompt con istruzioni aggiuntive, chiarendo gli aspetti che non convincono: “la funzione deve gestire anche gli errori di input”, oppure “il codice deve essere compatibile con Python 3.12 e includere test unitari”.
Questa tecnica, nota come refinement prompting, è particolarmente utile nei progetti software complessi, in cui i requisiti cambiano o emergono durante la scrittura del codice. Secondo diverse analisi, i prompt iterativi migliorano la coerenza e riducono gli errori logici nelle risposte generate dai modelli di linguaggio di grandi dimensioni.
Il ruolo degli esempi: come “mostrare” invece di spiegare
Nei casi in cui si voglia ottenere un output coerente con uno stile o un pattern preciso, può essere utile fornire esempi.
Questa pratica, chiamata few-shot prompting, consiste nel mostrare uno o più esempi di input e output corretti, che il modello userà come riferimento per produrre la nuova risposta.
Se si chiede, ad esempio, di scrivere una funzione di logging seguendo una convenzione aziendale, è meglio fornire un esempio di come deve apparire il codice finale, piuttosto che spiegarlo a parole: gli LLM apprendono molto più efficacemente da esempi concreti che da descrizioni astratte.
Prompting e debugging: un uso poco esplorato ma potente
Un aspetto spesso trascurato è l’uso del prompting per il debug. Chiedere all’AI di “trovare errori” in un blocco di codice generico può produrre risultati confusi, ma se il prompt specifica il contesto (es. “controlla la gestione delle eccezioni in questo script Python che elabora file CSV di grandi dimensioni”), il modello può individuare pattern problematici con una precisione sorprendente.
Negli ambienti di sviluppo più innovativi, questa capacità è già integrata. Copilot, ad esempio, utilizza prompt contestuali che includono porzioni di codice e messaggi di errore del compilatore, rendendo la correzione automatica molto più efficace.
I limiti del prompting e l’importanza del controllo umano
Per quanto il prompting possa ottimizzare l’interazione con i modelli linguistici, non sostituisce la competenza tecnica di chi sviluppa. L’AI può generare codice formalmente corretto ma concettualmente sbagliato, oppure utilizzare librerie obsolete. È per questo che l’output va sempre validato, testato e revisionato.
Il prompting non deve essere dunque una scorciatoia per scrivere meno codice, ma uno strumento per accelerare i processi cognitivi: analisi, ideazione, refactoring.
In alcuni casi, soprattutto nei progetti enterprise o nei sistemi critici, l’approccio più efficace consiste nel combinare prompting con strumenti di retrieval o fine-tuning, in modo che il modello lavori su basi dati aggiornate e contestualizzate all’azienda.
Verso un prompting consapevole
Scrivere prompt efficaci permette di imparare a ragionare in modo più strutturato. Chi lavora nello sviluppo software sa che ogni specifica poco chiara genera bug, rallentamenti e fraintendimenti: con i modelli generativi vale esattamente lo stesso principio.
Il prompting, in questo senso, è una forma di progettazione del pensiero. Chi lo padroneggia riesce a tradurre obiettivi astratti in istruzioni operative, migliorando non solo la produttività, ma anche la qualità del lavoro dell’intero team.